Slava / Слава

Slava: il volto civile dell’orologeria sovietica

Tra i grandi nomi dell’orologeria sovietica, Slava (Слава, “gloria”) occupa un posto particolare come marchio dedicato esclusivamente alla produzione civile. Nata come estensione della Seconda Fabbrica di Orologi di Mosca, l’azienda iniziò la propria attività ben prima della guerra, ma fu nel dopoguerra che consolidò la sua identità. Dopo essersi concentrata inizialmente su movimenti da tasca e orologi da polso, nel 1958 la fabbrica ricevette un primo aggiornamento di nome e identità, per poi assumere ufficialmente nel 1964 il nome Slava, simbolo di rinascita e orgoglio nazionale in un contesto in rapida modernizzazione.

A differenza di fabbriche come Poljot o Raketa, impegnate anche nella produzione militare o aerospaziale, Slava rimase sempre fedele alla sua vocazione civile. I suoi orologi erano pensati per la popolazione, con un’attenzione particolare all’estetica, all’affidabilità e alla varietà di modelli per uomo e donna. Negli anni ’50 e ’60, Slava si distinse per innovazioni significative, tra cui il Transistor, uno dei primi orologi elettronici sovietici, che ricevette un premio alla Fiera di Lipsia del 1964.

In un primo momento, per far fronte alla crescente domanda di orologi maschili, Slava adattò movimenti da donna montandoli in casse più grandi, ma già nel 1966 lanciò la serie 24xx, dotata di una doppia molla di carica. Questa soluzione permetteva un’erogazione dell’energia più stabile, migliorando la precisione e prolungando la riserva di carica, dimostrando una notevole capacità tecnica e ingegneristica.

Tra gli anni ’60 e ’80, Slava divenne uno dei marchi sovietici più esportati, con oltre il 50% della produzione destinato ai mercati esteri. I suoi orologi arrivarono in più di 70 paesi, con una presenza forte in Italia, dove vennero venduti modelli esclusivi, riconoscibili per il fondello inciso “CCCP”. Questa apertura al mercato occidentale contribuì a costruire l’immagine di Slava come orologio accessibile ma affidabile, elegante ma solido.

La fine dell’Unione Sovietica nel 1991 colpì duramente anche Slava: il crollo della pianificazione centralizzata, l’interruzione delle esportazioni e la concorrenza dei prodotti asiatici segnarono un periodo di crisi profonda. Negli anni ’90, molti movimenti Slava furono venduti in blocco a distributori cinesi e di Hong Kong, dando origine a una proliferazione di repliche economiche che, pur alimentando un nuovo mercato, danneggiarono la reputazione del marchio.

Oggi, la produzione Slava è stata rilanciata dalla Slava Trade House, che ha spostato la sede operativa a Uglich. La storica fabbrica di Mosca, simbolo di decenni di attività industriale, è stata demolita nel 2011, lasciando il posto a un nuovo capitolo più ridimensionato ma ancora vivo. Nonostante le trasformazioni, Slava rimane uno dei simboli più riconoscibili dell’orologeria sovietica, apprezzato da collezionisti e appassionati per il suo stile distintivo, la qualità meccanica e il profondo legame con la vita quotidiana dell’URSS.

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